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VITA

HANNO BISOGNO SOLO D'AMORE

«Un baratro, un buio, una porta semichiusa, una stanza senza via d’uscita.

Io col piccone gli apro un varco e lo faccio uscire alla luce del sole.»

Così fece Leo Amici con centinaia di giovani tossicodipendenti

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La droga

«La droga va a toccare le parti più corazzate, va a colpire “le fortezze” (del fisico), il tessuto di cellule vive e trasparenti che proteggono il cuore e il cervello. Quando arriva nel cervello, colpendo detto tessuto, elimina la volontà, la sensibilità, i riflessi»

PERCHÈ SI DROGA

Prima fase:

Il giovane non può realizzarsi perché dove si rigira trova il falso; preso dalla disperazione trova asilo solo nella droga. 

Seconda fase:

La mentalità è condizionata dalla struttura della società: l’uomo non è uomo se non prova tutte le esperienze e vi si adegua per aumentare la sua personalità e resta al richiamo di quelle sostanze. 

Terza Fase:

Giovani non equilibrati restano influenzati dalla politica del commercio della droga, che fa capire loro che il caffè, i liquori, le sigarette hanno lo stesso effetto di quelle sostanze e le compagnie che ne fanno uso non accettano i ragazzi nel gruppo se non si drogano.

Come farlo uscire dalla droga

«Prima occorre conoscere il ragazzo per verificare fino a che punto sia danneggiato nei suoi sentimenti e nei suoi princìpi, quanti gradi abbia perso nella sua sensibilità e nei suoi riflessi e a che punto sia la sua “freddezza”. 

Iniziare, poi, con tanto amore a dargli calore; qualcuno che lo comprende lo farà rilasciare perché nella società è sempre stato schivato. 

Fargli capire quindi, con molta calma e chiarezza, a che punto lo possano portare quelle sostanze facendogli perdere tutti i riflessi, tutta la sensibilità e diventare un robot che è vivo esternamente, ma morto internamente, che non prova più il piacere di nulla. 

Fargli capire, infine, il senso della vita, portarlo a tutte le conoscenze e ad una ricerca verso Dio, spiegando che, se la sua ricerca sarà profonda potrà trovare il proprio io e i suoi valori umani, si potrà inserire di nuovo nella vita senza sentirsi emarginato, ma con la gioia di vivere.»

Leo Amici

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Mi accorsi che in fondo non avevo stretto niente di concreto e l’unica cosa che avevo conosciuto era la falsità. Non avevo niente da perdere e cominciai a drogarmi; i primi spinelli, i primi “sniffi” ed infine i primi buchi. 
Tutti volevano e nessuno dava. 
Era il 4 maggio ‘85, quando vidi la prima volta Leo Amici. Lui mi trattò con tanta delicatezza, come il più prezioso, il più delicato dei fiori di questa terra. 
Fu come un padre per me, attento ad ogni passo, pronto a darmi consiglio qualora glielo avessi chiesto, a spronarmi nei momenti più difficili, di modo che i miei problemi non diventassero mai “problemi”. 
Quando il maestro mi disse che ero libera, non riuscivo a capire cosa volesse dire con quel: «Ora sei libera!» Mi si presentò più di un’occasione per potermi bucare nuovamente e fu proprio in quella circostanza che mi resi veramente conto cosa significasse essere libera.

Marina

…Discendo la stradina verso il Lago, arrivo in mezzo a tanti giovani in semicerchio sotto al balconcino: sopra, un vecchio signore con il berretto da marinaio che mi chiama per nome, salutandomi. Mi chiede se voglio uscire dal fango della roba... Decido di restare. Ma io sono intossicato. Mi sale la paura dell’astinenza. La schiena, lo stomaco, la pelle mi si ritrae dai brividi di freddo... La gente fa largo all’uomo con il berretto da marinaio... 
Parte di me è restata in piazza, il resto è qui con il mio corpo: è questa parte che devo utilizzare. Mi dicono che della vita già trascorsa non devo dimenticare nulla, che imparerò a distinguere ciò che era bene da ciò che era male. 
Ciò che era bene voglio mantenerlo, il resto mi serve per non sbagliare ancora. Parliamo fino a tardi. Poi stanchissimo decido per il letto, molto caldo e morbido. La testa ronza e mi fa male, non ne posso più. L’ultimo pensiero è per lei. Sono in ballo anche per lei: buonanotte vita.

Ettore

Eravamo solo all’inizio della realizzazione delle strutture del Lago di Monte Colombo, quando due ragazze tossicodipendenti di Rimini vennero a chiedere aiuto. Ci riunì tutti e ci disse: «Se aiutiamo ora queste due ragazze ne arriveranno tanti altri: ve la sentite di accoglierli tra voi, hanno bisogno di tanto amore e sarà un’impresa dura. Per aiutarmi dovrete accudirli e ospitarli nelle vostre case. Ve la sentite?»

Rispondemmo tutti sì. Da quel momento, assieme all’opera da realizzare, ci occupammo di tutti coloro che vennero non solo da Rimini, ma da tutte le città d’Italia, affidati anche dalla USL.

Lorenzo

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